Kef Aabed,Tunisia: dalla parte dei vinti

Patrizia Mancini

Kef Aabed, a quaranta chilometri da Bizerte, verso Sajnen: per arrivare sulla meravigliosa spiaggia pressoché incontaminata, bisogna avventurarsi su una pista semi sabbiosa che attraversa una lussureggiante foresta di pini. E’ qui che vivono circa un migliaio di famiglie. Ed è qui che un paio di settimane fa abbiamo incrociato le loro dolorose storie di miseria, di emarginazione e di espoliazione. In un punto leggermente più largo della pista un gruppo di contadini di ogni età ci ferma per impedirci di procedere verso la spiaggia: ci spiegano che stanno attuando il blocco per protestare contro Alì Shiri, ex senatore che negli anni li ha truffati, comprando con l’inganno i loro terreni e lasciandoli nella povertà più assoluta. Scendiamo dalle nostre auto, siamo io e Hamadi, Neji, cineasta indipendente, Habib, suo fratello, Clemence e Emmanuel, attori francesi. Ci mettiamo seduti in circolo ad ascoltarli, condividiamo frutta e sigarette e sorseggiando un bicchiere di tè, rosso e forte, ascoltiamo la loro storia.

Dal 1972 al 1974 Shiri ha cominciato con l’acquistare pochi lotti dagli anziani della zona. Poi, forte della sua posizione di senatore e con la complicità delle autorità regionali, nel 1987 (dunque all’epoca del colpo di stato di Ben Alì) ha fatto assumere nell’amministrazione pubblica un certo numero di giovani disoccupati, facendone poi una specie di milizia personale.

Approfittando dell’ingenuità e dell’ignoranza dei contadini locali, ha cominciato a rubare loro vaste porzioni di terra, facendoli firmare contratti di vendita che essi credevano essere d’affitto. Alla scadenza dell’ “affitto”, quando uno di loro si presentava per riavere la terra, scopriva che in realtà non aveva più nulla perché Shiri l’aveva acquistata. Venivano di conseguenza rudemente scacciati dagli accoliti del senatore e tornavano dalle loro famiglie disperati e ridotti completamente in miseria. Alcuni di loro sono stati ingannati ancor più meschinamente: le squadracce di Shiri spesso attendevano davanti alla scuola i genitori dei ragazzi offrendo loro 200 dinari (circa 100 euro) per pagare il materiale didattico. In cambio si facevano firmare una “ricevuta” che più tardi si rivelava essere un contratto di vendita di terreno. Un vestito nuovo per la moglie del tale? 5 ettari per Shiri! E così, per anni, con le minacce e la blandizie, Alì Shiri ha potuto acquistare quasi 1700 ettari di terra, spogliando gli abitanti di Kef Aabed di ogni loro proprietà. E così, per anni, i contadini hanno dovuto tacere perché se qualcuno di loro provava a protestare, le squadracce di Shiri lo picchiavano a sangue e minacciavano la sua famiglia. Nel frattempo, il piccolo”rais” si costruiva una enorme fattoria e un resort con bungalow e ristorante sulla spiaggia, ben custodito da guardiani armati. Nessun tunisino, tantomeno i contadini di Kef Aabed, vi sono mai entrati.

14 gennaio 2011: anche per gli abitanti di Kef Aabed spira un vento di libertà e di dignità e sperano che finalmente sia giunto il momento di riparare alle ingiustizie subite. Ma il governatore di Bizerte si rifiuta di riceverli, non hanno mezzi per farsi ascoltare e sono isolati dalle arterie principali e dalle grandi città. L’unica maniera che hanno per protestare e farsi sentire è di bloccare il passaggio che conduce al resort. Quando noi li incontriamo, sono lì da diversi giorni e hanno fatto tornare indietro una cinquantina di auto.

Non c’è stato bisogno di riflettere molto perché la vertenza di Kef Aabed diventasse la nostra. Così siamo tornati, qualche giorno dopo, con altri compagne e compagni sindacalisti, avvocati e giornalisti, la vicenda è finita sul giornale in arabo più diffuso in Tunisia, Al-Iaan..

Domenica 15 maggio, infine, siamo andati nuovamente ad esprimere la nostra solidarietà con una piccola carovana di auto di gente di buona volontà e abbiamo incontrato le loro famiglie, giocato con i loro bambini e mangiato un ottimo cous cous che le donne ci hanno sapientemente cucinato. Abbiamo scoperto anche altri problemi che affliggono la comunità. Innanzitutto, mancano impianti idrici per l’acqua potabile e quindi si è costretti a raccogliere l’acqua piovana o a percorrere una decina di chilometri sui muli per approvvigionarsi ad un fiume. I bambini e i ragazzi devono fare sette chilometri per raggiungere la scuola, cosa che, specialmente in inverno, è particolarmente ardua e pericolosa, dato che si esce di casa verso le sei del mattino, con il buio e si ritorna sempre con il buio, alle cinque del pomeriggio. Vi sono lupi e cinghiali nei boschi circostanti che possono costituire un serio pericolo, in particolare per i bimbi più piccoli. Infine, a peggiorare questa già drammatica situazione, non esiste alcun presidio medico nei paraggi a cui i contadini e i loro familiari possano accedere.

Noi abbiamo scelto di non abbandonare queste persone, di lottare perché abbiano accesso a beni fondamentali quali la salute e l’acqua potabile e perché i bambini possano avere a disposizione un pulmino che li porti a scuola.

Ma soprattutto siamo al loro fianco perché tornino in pieno possesso delle terre che sono state loro rubate e magari aiutarli anche ad autogestire il resort per un turismo diverso, rispettoso dell’ambiente e delle tradizioni locali. Intanto, siamo riusciti anche a far smuovere alcune forze politiche di Bizerte, come il Fronte delle Forze Progressiste di Bizerte che si farà carico, assieme ad una delegazione di contadini eletta domenica, di continuare la denuncia delle truffe compiute da Shiri.

Purtroppo, situazioni del genere sono molto diffuse nelle regioni più disagiate del paese e sono ancora troppi i “Ben Alì” che spadroneggiano impuniti. E’ soprattutto di questo che le forze di sinistra tunisine dovrebbero occuparsi e farsi carico, ma sembrano tutti occupati nei loro meetings e conferenze stampa in preparazione delle votazioni di luglio, lasciano le regioni più diseredate in mano ai partiti islamici.

http://www.agoravox.it/Kef-Aabed-Tunisia-dalla-parte-dei.html?pagina=1

Pubblicato da Il Quotidiano della Calabria, il 12 giugno 2011 “L’inganno della miseria”

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