La “questione nera” in Tunisia

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“Gli arabi finiranno di disprezzare i neri quando gli arabi la finiranno di credersi bianchi” Disegno di Sadri Khiari da Nawaat.org

Sadri Khiari

Il nostro Primo Ministro si è recato lunedì in Germania per una visita ufficiale. Al centro degli incontri che deve avere con Angela Merkel, la questione dell’immigrazione. Alcuni giorni fa il Presidente della Repubblica si trovava in Italia. Ha dichiarato al Senato: “Come per la lotta al terrorismo, il fenomeno dell’immigrazione clandestina non può essere arginato senza una strategia globale in comune. Ciò che in linguaggio profano potrebbe essere tradotto così: dateci dei soldi e non vedrete mai più nessun tipo “abbronzato” sbarcare sulle vostre coste.

L’implicazione della Tunisia nelle lotta contro l’immigrazione dei cittadini tunisini o subsahariani in l’Europa non è una novità. Su questa questione, come su molte altre, la politica delle autorità attuali non si distingue molto da quella seguita dall’ancien régime. La collaborazione con le politiche razziste degli Stati europei, perché è di questo che si tratta, smentisce le vigorose dichiarazioni antirazziste dei nostri politici all’indomani della brutale aggressione, qualche settimana fa, di cui sono state vittime alcuni studenti congolesi.

L’emozione suscitata da questo atto criminale era sembrata in quel momento generale. Il presidente del Parlamento, Mohamed Ennaceur, aveva espresso la sua compassione agli amici delle vittime , mentre il capo del governo si indirizzava ai deputati sollecitandoli ad adottare urgentemente una legge che penalizzasse il razzismo: « Vi è bisogno di una strategia nazionale per cambiare le mentalità (e) una legge che criminalizzi la discriminazione” Partiti, associazioni, media, tutti si sono uniti al coro, preoccupati della persistenza di un razzismo tunisino contro i neri.

Ai più la questione immigrazione e quella del razzismo contro i neri appaiono completamente distinte. Io invece penso che ciò non sia vero. Per comprendere questo legame bisogna cominciare col sapere di cosa si parla nel momento in cui si evoca il razzismo anti-neri nel nostro paese. Senza dubbio, esiste da noi una gerarchizzazione simbolica, una gerarchia delle dignità, una piramide dell’onore e del rispetto che distribuisce sui vari livelli il colore della pelle e altre caratteristiche fisiche (il colore degli occhi e dei capelli…) Questa realtà viene affrontata generalmente negli stessi termini e con le stesse categorie utilizzate nei e dai paesi occidentali. Si fa così ricorso alle stesse superficiali generalizzazioni che, nelle narrazioni dominanti in Europa e in America, mascherano rapporti di potere soggiacenti la cultura razzista e che assimilano ogni forma di ostilità, di disprezzo, di pregiudizio o di stereotipo verso le persone, a seconda che esse appartengano a tal gruppo sociale o a un altro, a una certa nazionalità o credenza o che sarebbero “diversi”.

Da ciò deriva un allargamento della nozione di razzismo, inizialmente legato a delle supposte distinzioni razziali, per arrivare a comprendere tutte le forme ideologiche che si manifestano con segni di disprezzo o di rifiuto. In questo modo si potrà parlare di razzismo contro le donne, contro i grassi, contro i nani, i vecchi, i brutti ecc.

Una categoria di razzismo così vasta è a-storica e porta ad affermazioni assurde e sterili sul tema “dell’odio dell’Altro”. Dalla notte dei tempi- e forse anche prima – quindi, tutta l’umanità sarebbe stata razzista. Da quel momento diviene impossibile porre la questione del razzismo in termini politici e bisogna rassegnarsi a formularla come un imperativo morale, una specie di comma del sesto comandamento” Non ucciderai il tuo prossimo solo perché ha una brutta faccia!”.

La minorizzazione simbolica dei neri in Tunisia ha a che vedere senz’altro con una lunga storia in cui tratta e schiavismo sono stati probabilmente un momento decisivo.

Io non sono uno specialista di questa storia, perciò farò a meno di parlarne.

Da un punto di vista politico ciò che importa notare, però , è che questa storia, come tutti sappiamo, non si è sviluppata in modo lineare e senza soluzione di continuità.

La colonizzazione ha rappresentato infatti una enorme rottura storica che ha sconvolto le relazioni sociali e ideologiche nel nostro paese, sottoponendole a un’altra logica storica, sociale, culturale e politica.

Le relazioni sociali fondamentali su cui si basava in precedenza lo status di inferiorità dei neri sono state sconvolte, disgregate e, più tardi , essenzialmente distrutte. Esse ormai appartengono al passato. Ciò che rimane di questa eredità a livello culturale e ideologico è stato inserito, riconfigurato, riattivato in un nuovo ordine sociale e in nuovi rapporti di potere nati dalla colonizzazione e che si basa in particolare sulla razzializzazione del mondo che persiste, sebbene in modo diverso, nel quadro del colonialismo postcoloniale (si sarà capito, suppongo, che quando parlo di razzializzazione, intendo parlare non di razza sul piano biologico, ma unicamente nell’ambito dei rapporti sociali ).

Le forme di razzismo di cui sono vittima i neri in Tunisia e coloro che sono loro assimilati o che non hanno la pelle abbastanza chiara, devono essere intese, di conseguenza, non tanto come l’espressione sempre presente di una storia passata, né come l’espressione di una intolleranza non-moderna nei confronti di “persone diverse”, bensì nell’ambito stesso dei rapporti sociali contemporanei. E cioè ai quei livelli in cui tale gerarchizzazione secondo il colore è parte integrante dell’organizzazione dei rapporti di potere come possono essere il disprezzo classista o il maschilismo. Si tratta così di cogliere il razzismo contro i neri come sotto-prodotto locale della dominazione imperiale e, all’interno di questa matrice interpretativa, pensare anche i nostri rapporti sociali di classe o relativi a quelle che chiamiamo pudicamente ineguaglianze regionali, in quanto anch’essi sono improntati alle modalità della razzializzazione imperiale.(1)

In verità, il razzismo anti-neri in Tunisia non dovrebbe allarmarci come “problema sociale”, di diritti umani o d’intolleranza, bensì come problema più globale, pienamente politico, che non riguarda soltanto la “minoranza nera” tunisina o subsahariana. Questo razzismo contro i neri allude anche ad altre gerarchie che attraversano la nostra società. Spero di non essere denunciato per diffamazione se dico che, agli occhi degli occidentali, il nostro buon presidente pallido è un nero.

Per quelli a cui interessa questa problematica, avevo affrontato una riflessione a questo proposito in un articolo del 2015 intitolato “La contre-révolution rampante” D’altro canto, per chi si interessa alla questione razziale negli Stati Uniti, c’è il mio libro” Malcom X, stratège de la dignité noire”, Editions Amsterdam, Paris, 2013.

Traduzione e adattamento dal francese a cura di Patrizia Mancini

L’articolo originale è apparso su Nawaat.org il 13 febbraio 2017