Tunisia: la riconciliazione economica rinasce dalle sue ceneri

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Manifestazione a Tunisi contro il progetto di legge per la riconciliazione economica e finanziaria organizzato da mannich msamah (io non perdono) foto: Patrizia Mancini

Amna Guellali, direttrice dell’organizzazione Human Rights Watch per Tunisia e Algeria

Una nuova legge per consacrare l’impunità, per impedire la rivelazione della verità

A sei anni dalla caduta del regime di Ben Alì, rovesciato da una rivoluzione popolare nel 2011, la giustizia di transizione sembra vivere ore difficili. Regna ancora l’impunità per le violazioni dei diritti umani, i più alti responsabili della repressione sono sfuggiti alla giustizia e l’Instance Verité et Dignité (IVD), istituita nel 2014 per stabilire la verità sulle violazioni dei diritti politici, civili ed economici commessi dai governi succedutisi all’indomani dell’indipendenza, viene attaccata da ogni parte. L’ultimo elemento che contribuisce a rendere più fragile questo percorso è la riproposizione di un nuovo progetto di legge per la riconciliazione economica che provoca molte discussioni sin dal 2015.

Eppure la Tunisia ha bisogno di continuare a far luce sui meccanismi dell’autoritarismo e della predazione economica, se vuole rompere definitivamente con questo passato e proseguire sulla via della democrazia.

La Commissione di legislazione generale del Parlamento ha cominciato a discutere il nuovo progetto il 26 aprile 2017. In caso di adozione questa legge metterà in pericolo  il percorso della giustizia di transizione iniziato nel dicembre 2013. Le tappe del percorso intrapreso dall’IVD passano innanzitutto attraverso un accertamento dei fatti e una rivelazione della verità sulle violazioni dei diritti umani legate al sistema repressivo; si prevede anche la lotta contro l’impunità tramite il trasferimento dei dossier alla giustizia; infine, il lavoro d’inchiesta permette , tramite l’identificazione dei responsabili, di filtrare le istituzioni dello stato e le riforme istituzionali, per evitare la ripetizione degli stessi abusi.

La Tunisia dispone attualmente di due meccanismi per condurre inchieste e giudicare i crimini di corruzione perpetrati sotto l’ancien régime. Innanzitutto, il sistema giudiziario ha il potere di perseguire e di giudicare chiunque abbia tratto profitto da malversazioni o se sia reso complice. Inoltre, l’Instance Veritè et Dignité (IVD), creata dalla legge sulla giustizia di transizione, ha come mandato l’inchiesta sui crimini di corruzione, l’arbitraggio su tali questioni, oppure il trasferimento alla giustizia dei dossier degli uomini d’affari o funzionari dello Stato sospettati di corruzione.

La nuova legge metterebbe praticamente fine a tutto ciò, sostituendosi nello stesso tempo all’IVD e al sistema giudiziario nei loro ruoli rispettivi. Se venisse adottata, i tribunali non potrebbero più né perseguire, né giudicare le persone che avessero ottenuto un’amnistia o un certificato di riconciliazione da una “commissione di riconciliazione” la cui creazione è prevista nel progetto di legge. Quanto all’IVD, la legge prevede l’annullamento delle sue competenze in materia di crimini finanziari e di corruzione. In questo modo essa non potrà più né indagare, né avviare procedure d’arbitraggio, né trasferire i dossier sulla corruzione al potere giudiziario.

La Commissione di riconciliazione che questa legge prevede avrebbe un mandato di nove mesi.

Come previsto, il funzionamento di tale commissione presenta molteplici lacune rispetto a un sano percorso di giustizia di transizione. Per quanto riguarda la designazione dei suoi membri, essa manca di indipendenza dal potere esecutivo.; non potrà trattare che dossier individuali di uomini d’affari corrotti che si presentino volontariamente al suo cospetto e non avrebbe il mandato per identificare i meccanismi della corruzione in atto sotto il vecchio regime; essa potrebbe far beneficiare dell’amnistia e di immunità da eventuali procedimenti giudiziari i funzionari dello Stato implicati in affari di corruzione, vanificando in questo modo gli sforzi per estirpare la corruzione dall’amministrazione tunisina.

Corruzione e violazione dei diritti umani vanno insieme

In Tunisia, come in altri paesi, corruzione e violazione dei diritti umani vanno insieme. Secondo il rapporto delle Commissione nazionale, incaricata nel 2012 d’ indagare sulla corruzione e l’appropriazione indebita di fondi pubblici, la famiglia e le persone vicine a Ben Alì si sono indebitamente appropriati di fondi e terreni pubblici utilizzando strumentalmente le istituzioni dello Stato come le banche pubbliche, il sistema giudiziario e la polizia per prendersi il massimo dei vantaggi e punire coloro i quali resistevano alle loro iniziative nel settore degli affari.

La legge sulla giustizia di transizione prevede un metodo globale per porre rimedio alle violazioni dei diritti umani commesse nel passato. La legge ha creato l’Instance Verité et Dignité (IVD) che è incaricata di fare luce sulle violazioni dei diritti umani, politici ed economici commesse tra il 1955 e il 2013.

La legge sulla giustizia di transizione permette all’Istanza di fare mediazione nelle questioni relative alla corruzione e ai crimini economici su richiesta della persona accusata, del governo oppure della persona lesa. L’accordo di arbitraggio tra la persona responsabile di corruzione e il governo o le vittime include un’ammissione per iscritto e delle scuse da parte della persona colpevole e precisa i versamenti di riparazione da effettuare in favore del governo o delle vittime (o di entrambi). Le dichiarazioni dell’autore dei misfatti e le prove raccolte dalla commissione devono essere rese pubbliche in modo da aiutare l’Istanza a identificare le istituzioni e le reti che hanno permesso alla corruzione di estendersi. Un accordo finale di arbitraggio porrà fine ai procedimenti giudiziari intrapresi o bloccherà ‘esecuzione della pena.

Secondo le cifre date dall’IVD, essa sarebbe venuta in possesso di 2700 domande di arbitraggio su questioni finanziarie, di cui 685 presentate su richiesta dello Stato, 16 dagli autori di violazioni finanziarie e le altre da vittime a livello individuale. Se il progetto di legge venisse adottato, l’IVD verrà privata del suo mandato d’inchiesta sui crimini economici.

Le informazioni secretate impedirebbero la ricerca della verità

Il  progetto di legge per la riconciliazione economica che viene proposto garantirebbe la confidenzialità delle informazioni ottenute sui trasgressori che intraprendano il percorso di riconciliazione e anche le decisioni della commissione non sarebbero divulgate né al pubblico, né all’amministrazione. I documenti ottenuti nel quadro dei lavori della Commissione sarebbero sì consegnati agli archivi nazionali, ma la legge non dice niente sulle modalità di accesso a tali documenti. La Commissione dovrà pubblicare un rapporto finale che contiene il “risultato” del suo lavoro. Tuttavia il rapporto non dovrà menzionare gli autori delle violazioni, contrariamente a quanto è previsto per il rapporto finale dell’IVD – un documento pubblico in cui l’IVD è tenuta a identificare i “responsabili” delle violazioni.

La legge prevede che nessun individuo né istanza possa utilizzare l’informazione ottenuta “nel quadro di questa legge per fini diversi o in un’altra situazione”. Questo articolo potrebbe di fatto mettere fuori gioco le istituzioni come l’IVD o il potere giudiziario, dato che impedisce l’accesso alle informazioni raccolte dalla Commissione. Tutto ciò ostacolerebbe ugualmente le ricerche riguardanti le altre violazioni dei diritti umani che possono essere legate a istituzioni o persone implicate in storie di corruzione.

Assenza di una identificazione dei meccanismi della corruzione

Il mandato accordato a questa Commissione di riconciliazione prevede strettamente il trattamento di casi individuali di riconciliazione e non ha come obiettivo di levare il velo sui meccanismi di un sistema che ha permesso ai più corrotti di beneficiare di complicità, persino all’interno stesso dell’apparato dello Stato. Ora, uno degli obiettivi principali della giustizia di transizione è di identificare, al fine di smantellarlo, il sistema repressivo determinando i meccanismi, gli individui, le leggi e le istituzioni che hanno permesso alla tela di ragno della corruzione di montare affari finanziari in tutta tranquillità. La dimensione sistemica e istituzionale della corruzione dovrà in questo modo essere al centro di ogni rivelazione sulla verità dei crimini passati. Invece il nuovo progetto di legge non fornisce alla Commissione di riconciliazione alcuna competenza in materia. Ci si contenta di chiedere l’esame delle domande individuali che raccoglie, di verificare l’autenticità delle informazioni, di determinare l’ammontare del rimborso e, alla fine, di rimettere i denari nelle casse dello Stato. Ciò è tanto più grave se si pensa che questo progetto di legge prevede un deferimento volontario alla Commissione di riconciliazione da parte della persona accusata di corruzione. Ciò significa che solo un uomo d’affari o un funzionario dello Stato corrotto può mettere in moto il lavoro della Commissione e che quest’ultima non ha il potere di occuparsene secondo le informazioni che le pervengono o di investigare in maniera indipendente su persone che non si siano presentate di propria volontà. L’ironia è che si ritornerà a rendere lo Stato ostaggio della buona volontà di di individui notoriamente corrotti o sui quali pesano gravi accuse di malversazioni finanziarie o ruberie monetarie.

Mancanza di autonomia rispetto al potere esecutivo

L’indipendenza del percorso della giustizia di transizione e la sua autonomia vengono rimesse in causa da questa nuova legge. Certo, il progetto rimaneggiato ha migliorato la composizione della Commissione di riconciliazione che inizialmente era interamente dominata dall’esecutivo. Tuttavia, il nuovo meccanismo proposto non permette di avere garanzie d’indipendenza e di autonomia sufficienti rispetto alle autorità. Tutti i membri della Commissione di riconciliazione verranno nominati e non eletti, sia da rappresentanti dell’esecutivo o del potere legislativo, come per il presidente delle Commissione che verrebbe nominato dal capo dello Stato, sia per le strutture professionali come l’ordine degli avvocati o rappresentanti del potere giudiziario. La Commissione non disporrà di un budget autonomo votato dal parlamento, ma i fondi a lei necessari per il funzionamento verranno assegnati dall’Alta Istanza per la prevenzione della corruzione, che soffre essa stessa di problemi budgetari, secondo le ripetute dichiarazioni del suo presidente, Chawki Tabib.

Un’amnistia senza risanamento dello Stato

Il progetto di legge , proponendo un’amnistia dei funzionari, ostacola inoltre la capacità del governo di stabilire un meccanismo di controllo in seno all’amministrazione pubblica per valutare l’integrità e l’idoneità dei rappresentanti del governo e dei funzionari nell’esercizio delle loro funzioni, tenuto conto della loro precedente partecipazione alla corruzione. In effetti il progetto di legge prevede che i funzionari o gli impiegati statali contro i quali esistano dei procedimenti o dei giudizi per fatti legati alla corruzione beneficeranno dell’amnistia, a condizione che non abbiano essi stessi tratto profitto finanziariamente dalla corruzione. I meccanismi si tale amnistia saranno i seguenti: per chi ha avuto un giudizio definitivo basterà presentare una domanda d’amnistia alle autorità giudiziarie  competenti per ottenere un attestato che la certifichi. Per chi ha procedimenti ancora in corso le autorità giudiziarie coinvolte presenteranno le loro domande di amnistia alla commissione di riconciliazione che dovrà emettere una decisione entro 60 giorni. Per quanto riguarda la categoria dei funzionari corrotti che hanno personalmente beneficiato anche finanziariamente della corruzione, la legge tace sui meccanismi che permetterebbero di identificarli, di obbligarli a dichiarare i loro averi, di distinguerli da quanti non hanno avuto un vantaggio personale.

Conclusione

Per concludere, la legge per la riconciliazione economica sembra capovolgere i principi stessi della giustizia di transizione. Invece di stabilire la verità essa non potrà che portare a una mancanza di visibilità sulle persone e le istituzioni coinvolte per decine d’anni nel depredare sistematicamente l’economia tunisina. Invece di permettere un risanamento delle istituzioni, identificando i funzionari corrotti ed escludendoli dalla funzione pubblica, essa fornirà loro un’amnistia senza un esame preliminare dei loro atti individuali, insediando in questo modo la cultura dell’impunità in seno all’amministrazione tunisina. Invece di obbligare quanti hanno contribuito alla corruzione a renderne conto, essa perdona le loro colpe con lo sconto aprendo così la via a un infinita ripetizione di questo sistema.

L’articolo originale è apparso il 10 maggio 2017 su Nawaat.org

Traduzione e adattamento dal francese a cura di Patrizia Mancini