Giustizia di transizione: il soggetto tabù delle elezioni presidenziali

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Seduta di chiusura delle attività dell’IVD Crédit photo: Le Point

Olfa Belhassine

Non appoggerò mai partiti o candidati che:

  • sacralizzino Bourghiba che è un personaggio complesso. Far riferimento al bourghibismo senza fare una distinzione fra gli straordinari avanzamenti sociali (compresa la questione femminile) e il circolo vizioso dell’autoritarismo e del clientelismo, dal mio punto di vista, è squalificante

  • Si circondino di persone provenienti dal comitato centrale dell’ RCD (partito creato nel 1988 dall’ex presidente Ben Alì). Alcuni di questi sono rispettabili come persone e non hanno rubato al popolo. Ma appartengono ai vecchi tempi. Non si possono fare cose nuove con materiale vecchio[…]

  • Considerino che il percorso della giustizia di transizione non sia necessario e vogliano raggiungere la “riconciliazione” (o piuttosto l’amnistia) senza passare per le caselle della verità e della giustizia.”

Così si esprimeva la scorsa settimana su Facebook Farah Hachad. Giurista, fondatrice dell’ONG Labo démocratique, fa parte di quegli attori della società civile tunisina impegnati a fondo, sin dall’inizio, nel percorso della giustizia di transizione. Ora, in questa campagna elettorale presidenziale, anticipata a causa della morte del presidente Béji Caid Essebsi (« BCE ») avvenuta il 25 luglio scorso, il cui primo turno è fissato per il 15 settembre, la voce di Hachad appare molto isolata. Osservando i dibattiti sui social networks dal 2 settembre, inizio ufficiale della campagna elettorale, ben pochi tunisini mostrano le stesse esigenze di questa militante. I candidati – in tutto 26, tra islamisti, centristi, progressisti, populisti, anti-sistema, pro vecchio sistema, nazionalisti arabi e uomini di sinistra e di estrema sinistra – sembrano evitare come la peste l’evocazione di questo argomento. Con qualche rara eccezione.

UNA QUESTIONE ACCURATAMENTE EVITATA

Tre dibattiti televisivi con i 26 pretendenti al posto di presidente della Repubblica si sono svolti in Tunisia, una prima nel mondo arabo (in realtà, in Egitto ci fu un dibattito televisivo fra due contendenti nel 2012. n.d.T). Oltre tre milioni di tunisini (il paese conta sette milioni di elettori) hanno seguito questo evento sul piccolo schermo. Ripartiti in tre gruppi, i candidati si sono espressi sulle prerogative del presidente della Repubblica, cioè la sicurezza nazionale, la protezione della frontiere e la diplomazia. Sulle questioni generali una coppia di giornalisti ha posto domande, tirate a sorte ogni volta, alla fine della trasmissione. In particolare su soggetti riguardanti l’eguaglianza fra uomo e donna nell’eredità, i diritti e le libertà individuali, la pena di morte e la giustizia di transizione.

Se per calcolo politico, durante gli incontri pubblici o sui media, quest’ultimo argomento, considerato dirimente, è stato accuratamente evitato, esso è stato esplicitamente ripreso due volte durante i dibattiti televisivi del 7 e dell’ 8 settembre.

PUBBLICARE LA LISTA DELLE VITTIME

Una prima domanda è stata fatta a Abdelfattah Mourou, candidato per il movimento Ennahdha (islamista) sulla sua intenzione di pubblicare o meno la lista dei martiri e dei feriti della Rivoluzione, che il presidente Essebsi non aveva reso pubblica. Mourou, che tra l’altro ha testimoniato nell’ambito dei processi dei tribunali specializzati sull’affare Kamel Matmati, un caso emblematico di sparizione forzata di un islamista e del suo omicidio sotto tortura nel 1991, ha risposto affermativamente, aggiungendo che “Indennizzeremo le vittime e nello stesso tempo faremo luce sulle circostanze della morte dei martiri”.

L’altra domanda è stata rivolta a Mohsen Marzouk : ” Come intende gestire il dossier della giustizia di transizione?”. Fondatore del partito Al Machrou (Il Progetto), ex dirigente di Nidaa Tounes, partito di Essebsi, Marzouk, malgrado la sua rottura con Nida, attinge dallo stesso bacino elettorale del partito originario: uomini e donne vicini al vecchio sistema di Ben Alì. Da qui la sua risposta, in contraddizione totale con la propria storia, dato che è stato il creatore del Centro Kawakibi per le transizioni democratiche, fra le cui missions vi è quella di produrre ricerche sulla giustizia di transizione. “Questo percorso in Tunisia si è trasformato in una giustizia di transazione con gli uomini d’affari. Non è altro che vendetta e odio. La soluzione è promulgare una legge sulla riconciliazione globale. Del resto esiste un progetto in questo senso da parte dello Stato…”

RICONCILIAZIONE-AMNISTIA

Hayet Ouertani, ex commissaria all’Instance Verité et Dignité (IVD) incaricata degli indennizzi, commenta le reazioni dei candidati e i loro discorsi: “Anche quelli considerati vicini al percorso e che potrebbero adottare nelle loro politiche le raccomandazioni della commissione Verité,  non vogliono evocare il nome dell’Instance. Ho anche ascoltato un discorso di Mongi Rahoui, uomo di sinistra, in cui prometteva a Bizerte di esigere dalla Francia riparazioni e scuse per sue responsabilità durante la battaglia di Bizerte. Tuttavia egli non menziona l’origine di questa idea, come se l’IVD fosse diventata l’istanza peggiore del paese”.

In effetti “riconciliazione” si rivela, in questa campagna anticipata, come la parola chiave per parlare del dossier della giustizia di transizione. Più precisamente si tratta di una riconciliazione-amnistia, punteggiata da slogan del tipo “giriamo la pagina del passato”, “è tempo di dimenticare il nostro vecchio odio ”, “resuscitiamo la nostra unità nazionale”.

E ALLORA GIRIAMO LA PAGINA DEL PASSATO”

L’impronta della “riconciliazione globale” è ben visibile nelle promesse elettorali del candidato Youssef Chahed, capo del governo attuale e del partito Tahiya Tounes (Viva la Tunisia) che rifiuta da mesi di pubblicare la relazione finale dell’IVD sulla Gazzetta Ufficiale. Lo stesso termine è ripreso nei meetings di Abdekerim Zbidi, ex ministro della Difesa, candidato indipendente, e uomo del sistema, vicinissimo al defunto Béji Caid Essebsi.

Il motto in realtà molto condiviso nel programma elettorale di tutti coloro che provengono dal partito Nidaa Tounes, formazione politica che è andata in pezzi a causa del nepotismo del suo capo e delle lotte mortali fra clan cominciate nel 2015. A cominciare da Nabil Karoui, presidente di Kalb Tounes (Cuore della Tunisia), favorito nei sondaggi per aver condotto la sua campagna da diversi mesi sul suo canale televisivo Neesma TV e attualmente in prigione, Senza dimenticare Said Aidi, ex dirigente di Nidaa Tounes e ex ministro, Sela Elloumi, ex ministra e capo di gabinetto di BCE e Mohesen Marzouk.

FRAGILITA’ DEI CANDIDATI PRO-GIUSTIZIA DI TRANSIZIONE

Non ci meravigliamo delle posizioni espresse da tutti questi candidati in lizza, già nel 2014 avevano rigettato in blocco la giustizia di transizione, dato che chiedeva conto a molti militanti provenienti da Nidaa Tounes. E poi in ogni caso abbiamo resistito e combattuto con passione contro la legge per la riconciliazione economica proposta da BCE. Ma la più temibile per noi rimane Abir Moussi, la pasionaria dell’ancien régime, che costantemente nei suoi discorsi nega la Rivoluzione e le vittime della dittatura. Per lei si tratta solo di menzogne!”esclama Khayam Chemli, avvocato dell’ONG Avocats sans frontières.

In questo frastuono elettorale la voce dei candidati che sostengono il lavoro effettuato da più di cinque anni per svelare la verità sulle violazioni dei diritti dell’uomo e per la riabilitazione delle vittime non riesce a farsi sentire. Tuttavia emerge da parte di alcuni candidati : quelli che fanno riferimento ai valori, alle rivendicazioni e alle speranze della Rivoluzione, Mohammed Abbou, presidente di Tayar Dimocrati (Corrente Democratica), di Elyes Fakhfakh di Ettakatol, di Monsef Marzouki, presidente della Repubblica ai tempi della Troika (spiegare). Anche questi candidati subiranno le contingenze della frammentazione in mille pezzi della scena politica tunisina.

L’articolo originale è apparso il 13 settembre 2019 sul sito justiceinfo.net

Traduzione e adattamento dal francese a cura di Patrizia Mancini