Tunisia: i giovani dei quartieri popolari e la polizia

Olfa Lamloum, Mohamed Ali Ben Zina (dir.), Les Jeunes de Douar Hicher et d’Ettadhamen. Une enquête sociologique, International Alert et Arabesques, Tunis, 2015.

Olfa Lamloum, Mohamed Ali Ben Zina (dir.), Les Jeunes de Douar Hicher et d’Ettadhamen. Une enquête sociologique, International Alert et Arabesques, Tunis, 2015.

Olfa Lamloum

Per molto tempo, a causa degli ostacoli che impedivano qualunque ricerca sul terreno, i quartieri popolari di Douar Hicher e Ettadhamen, facenti parte dell’agglomerato urbano di Tunisi e segnati da marginalità e depauperamento, sono restati per i sociologi  terra incognita. Approfittando della  recente eliminazione  di questi ostacoli, gli autori di quest’opera (1) hanno portato avanti per nove mesi un’inchiesta inedita, sia sul piano quantitativo che qualitativo, sui giovani di questi due quartieri, troppo spesso descritti in maniera riduttiva come focolai della “violenza salafita. Più che uno studio dettagliato, si è trattato di portare alla luce una certa Tunisia largamente misconosciuta.

«  Il comportamento della polizia è ancora lo stesso, la polizia non cambierà mai, c’è sempre la corruzione. Se ti trovano mentre bevi, con 10 dinari ti lasciano in pace.»  testimonia Zohra, 29 anni, (disoccupata e madre nubile). Mohamed Ali, 21 anni , alunno di terza liceo, attivista in una associazione culturale di Ettadhamen conferma : « Sempre lo stesso comportamento duro  (qaswa), si accaniscono contro di noi in un modo terribile.. Si sente che la polizia, come si dice, ce l’ha con noi. Appena succede la minima cosa nel quartiere, la polizia arriva subito in forze e reagisce violentemente. Nei quartieri, i giovani provano odio nei loro confronti

Nel corso delle interviste i giovani uomini, in particolare i meno abbienti, dei quartieri di Douar Hicher e di Ettadhamen, manifestano il loro risentimento nei confronti delle forze dell’ordine. Descrivono interventi violenti da parte della polizia, del tutto privi di intenti di prevenzione, spesso tendenti ad assimilarli a delinquenti comuni. Riportano la brutalità e le umiliazioni degli “schiaffi”e descrivono le vessazioni, così come le umiliazioni di cui sono vittime, al centro di Tunisi e nei quartieri benestanti, al momento del controllo documenti.

A Douar Hicher, in particolare, i giovani recriminano contro quello che chiamano “il coprifuoco del sabato sera”, allorché la polizia interviene in forze per contenere una eventuale recrudescenza di atti delinquenziali da parte dei giovani durante il fine settimana.

Man mano che i racconti procedono, il divorzio fra polizia e giovani appare come fattore pregnante nella storia sociale dei due quartieri che genera risentimento.Quest’ultimo, a sua volta, segnerà la traiettoria di vita di un buon numero di giovani e li renderà profondamente coscienti dell’ ingiustizia e della segregazione.L’autorità pubblica non è affatto vista  di buon occhio da questi giovani.

 

Uno scarso dispositivo di assistenza sociale

Questa constatazione ci conduce a una domanda fondamentale: in che misura la rivoluzione ha provocato una rottura nella maniera di “governare” i giovani abitanti di questi territori, colpiti da precarietà e disoccupazione di massa?I nostri incontri con le autorità locali, così come la lettura delle diverse decisioni del consiglio locale per lo sviluppo di Ettadhamen, mettono in luce il risvolto sociale della governance post-rivoluzione. Rivelano il perdurare  dell’assenza di qualunque forma  di politiche giovanili, sia dal punto di vista di meccanismi d’intervento pubblico, sia sa quello di strutture incaricate della sua messa in opera.

 Nonostante un discorso ufficiale che riconosce “la marginalizzazione sociale e politica dei giovani”, le azioni specifiche a favore della loro integrazione sono quasi inesistenti. L’unica misura presa è consistita nel riattivare, sotto il governo Ghannouchi (17 gennaio 2011-27 febbraio 2011) la legge sui “cantieri”, il cui imperativo era di disinnescare la conflittualità sociale. Così, nel 2011, le municipalità di Douar Hicher e Ettadhamen avevano assunto senza contratto alcuni giovani privi di qualifica. Nell’estate 2014, a seguito di una  mobilitazione, una decina di loro ottennero un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Appare perciò evidente come, a quattro anni dalla rivoluzione, la maggioranza dei giovani nei due quartieri rimanga esclusa da qualunque forma di cittadinanza sociale (assistenza sanitaria, protezione sociale, servizi collettivi) e impossibilitati ad accedere a qualunque infrastruttura culturale o di svago…

A causa della mancanza di una strategia politica d’inclusione sociale ed economica in favore dei giovani, il dispositivo di assistenza pubblica rimane il solo strumento da parte del potere per interagire a livello sociale con questi ultimi, Il sussidio sociale, lungi da colmare i vuoti della disoccupazione giovanile di massa, non rappresenta che una indennità facoltativa destinata alle persone più indigenti. A Ettadhamen, per esempio, il numero dei beneficiari di cure mediche gratuite non supera i 976, di tutte le età, mentre soltanto 750 nuclei famigliari hanno accesso agli aiuti destinati alle famiglie bisognose.

A Douar Hicher l’azione sociale pubblica nei confronti dei giovani in situazioni di difficoltà è affidata al Centre de défense et d’intégration sociale (CDIS), una struttura di prossimità dai mezzi molto limitati, introdotta nel 1991 e che dipende dal Ministero degli Affari Sociali. Ora, malgrado la grande dedizione dei suoi educatori sociali, il CDIS non riesce a far fronte da solo alle varie problematiche. 

Conviene, tuttavia, sottolineare due cambiamenti verificatisi nel dispositivo istituzionale locale. Il primo riguarda le prerogative del “delegato”  (mou’tamad), funzionario civile  dipendente del Ministero degli Interni: costui incarna l’ordine autoritario e la corruzione istituzionalizzata. Alla fine del 2011, una nuova legge ne  ha limitato  poteri e gli ha tolto il controllo sui sussidi sociali che ormai è di competenza del Ministero degli Affari Sociali. Il secondo cambiamento riguarda l’apertura, nel 2012,  alla società civile e alla politica  delle delegazioni speciali e del Consiglio per lo sviluppo locale. Nonostante la sua importanza, questo passo riguarda più una volontà d’implicazione selettiva di alcuni partner locali i quali vengono cooptati. Senza dubbio, questi due cambiamenti testimoniano un’evoluzione nei rapporti fra Stato e cittadino, tuttavia sono ancora lontani dal provocare una rottura con le pratiche di governance del passato, poiché non si traducono in una visione strategica delle modalità e delle procedure inclusive che permettano di tenere conto dei bisogni giovanili.

LA FUNZIONE ECONOMICA DELL’APPARATO

E per quanto riguarda il risvolto securitario della governance? Sotto Ben Alì, il dispositivo securitario svolgeva tre funzioni: una funzione politica, assicurando la continuità dell’ordine autoritario attraverso il contenimento di qualsiasi forma di contestazione. A Douar Hicher e a Ettadhamen si è sviluppata prioritariamente e per oltre vent’anni, contro l’opposizione islamista, quella dell’Ennahdha negli anni’90 poi, in parallelo ,contro quella salafita, all’indomani dell’attentato di Gerba (un attentato suicida contro la sinagoga della Griba, avvenuto nell’aprile 2002 e che fece 19 morti) A partire dagli anni ’90 la”privatizzazione dello Stato”, intesa qui come l’accaparramento delle risorse economiche pubbliche e private da parte di Ben Alì e del suo entourage, conferisce all’apparato securitario una funzione economica. Questo stesso apparato, infatti, è implicato nella regolazione delle attività illegali e di altre forme di pizzo e racket. Molti racconti che abbiamo raccolto parlano della partecipazione della polizia in diverse attività illecite a Douar Hicher e a Ettadhamen. L’ultima funzione è quella sociale. Essa si rinforza sulla scia dell’applicazione delle politiche di aggiustamento strutturale. Il dispositivo securitario veglia sul mantenimento dell’ordine sociale, stringendo nelle  strette maglie della polizia questi due quartieri marginali . Alcune retate e più tardi la legge 52 del 1992 (che prevede una pena di detenzione da 1 a 5 anni più un’ammenda che va da 1000 a 3000 dinari-  da 472 a 1418 euro- per i consumatori di cannabis ) permetteranno , con la scusa della lotta contro la delinquenza giovanile e contro il consumo di droga, di rafforzare il contenimento delle “classi pericolose” e il controllo della loro mobilità.

E’ evidente che, pur avendo la rivoluzione scombussolato le funzioni predatorie e politiche dell’apparato securitario, essa è lungi dall’averne modificato il ruolo sociale. Ne è testimone Thameur, giovane rapper di Douar HicherGuardate cos’è diventato il quartiere. Ci sono giovani che passano un anno senza andare in città, perché la polizia può fermare l’autobus 56, proprio prima del tunnel o al capolinea di Bab al-Khadra, per controllare i documenti e dividere le persone a caso: tu vieni qui, tu vai là! Persino uno studente, a lui hanno trovato un pretesto per mandarlo a fare il militare! “

Version originale de l’article: http://orientxxi.info/lu-vu-entendu/les-jeunes-des-quartiers,0845

Traduzione dal francese a cura di Patrizia Mancini