L’accordo Aleca sull’energia: punti di contrasto con la Costituzione e le leggi tunisine

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Il 13 aprile scorso il governo ha organizzato un atelier sull’inizio delle negoziazioni riguardo l’Aleca (Accordo di Libero Scambio Completo e Approfondito). Finora i media e gli esperti avevano spesso discusso sulle ripercussioni nefaste dell’ALECA sull’agricoltura nazionale. Ma l’accordo che legherebbe saldamente la Tunisia all’Unione Europea è anche un accordo energetico che entra in conflitto con la nostra Costituzione e le leggi.

La redazione di Nawaat è riuscita ad aver accesso ai documenti preliminari redatti dalle autorità europee. In totale dodici capitoli che la Tunisia riceverà dagli Europei e serviranno da quadro per i negoziati.

Nel capitolo dedicato alle “disposizioni relative alla commercializzazione dell’energia”, l’articolo 10, al terzo e quarto paragrafo, stipula quanto segue:

“ Le parti si impegnano a facilitare l’accesso alle risorse energetiche, in particolare concedendo in maniera non discriminatoria, sulla base di criteri pubblici, autorizzazioni, licenze, concessioni e contratti di prospezione in vista dello sfruttamento o dell’estrazione di risorse energetiche”

  Le parti adottano le misure necessarie a fare in modo che le licenze che abilitano un’entità a esercitare, per proprio conto e a suo rischio, il diritto di sondare, esplorare o sfruttare idrocarburi in un’ area geografica, siano accordate secondo una procedura che sia stata pubblicata e che i potenziali candidati siano invitati, per mezzo di un bando pubblico, a presentare una domanda. Il bando precisa il tipo di licenza, l’area geografica o la parte di questa interessata, così come la data o il temine massimo previsto per l’ottenimento della licenza”

ALECA vs l’article 13

Tali disposizioni mal s’accordano con lo spirito dell’articolo 13 della Costituzione che afferma:

Le risorse naturali sono proprietà del popolo tunisino, la sovranità dello Stato su queste risorse viene esercitata a suo nome. I contratti di sfruttamento relativi alle sue risorse vengono sottoposti alla commissione specializzata in seno all’Assemblea dei Rappresentanti del popolo (denominazione del Parlamento tunisino n.d.t.). Le convenzioni ratificate riguardo tali risorse vengono presentate all’Assemblea per l’approvazione”

Se venisse adottato, l’ALECA, in quanto trattato internazionale sarebbe infra-costituzionale. Il suo valore giuridico sarebbe inferiore a quello della Costituzione. Le sue disposizioni perciò dovrebbero allinearsi con le esigenze del dettato costituzionale. Nelle negoziazioni dell’Aleca e dei trattati internazionali fra paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo, la carta costituzionale ha gran peso.

I negoziatori dei paesi meno sviluppati , come la Tunisia, possono utilizzarla per rifiutare ogni disposizione che sia in contrasto con la Costituzione. Ma una volta approvato dall’Assemblea del Popolo (ARP) e successivamente ratificato, l’ALECA acquisterebbe un ruolo sovra-legislativo. Qualunque dispositivo giuridico nazionale avrebbe, in questo caso, un valore giuridico inferiore all’accordo.

Non soltanto l’ARP non potrà più adottare alcun testo contrario all’ALECA, ma persino le leggi regolanti il campo delle energie dovranno essere cambiate per poter rispondere alle esigenze dei politici e del diritto europei. Tale duplice esigenza è dettata dall’articolo 11 dello stesso capitolo”relativo al commercio dell’energia”, il quale imporrebbe alla Tunisia di “Vigilare perché progressivamente le legislazione esistente e futura su questo soggetto sia resa compatibile con gli aquis (insieme di regolamenti e accordi n.d.t) … dell’Unione Europea quando (ritenuto) necessario e appropriato”

Riduzione del potere regolatore dello Stato

In questo modo, privato di un parte del suo margine di regolamentazione, il governo non sarebbe più libero di elaborare le proprie politiche pubbliche. Un semplice confronto fra un eventuale scenario di politica pubblica e l’Aleca permette di cogliere l’influenza dell’accordo sulla legislazione nazionale. Nella sua “Nota di orientamento per il piano strategico di sviluppo 2016-2020”, il governo mira ad aumentare dal 3% al 12% la parte delle energie rinnovabili nella ripartizione del consumo energetico. L’ARP ha già adottato nel maggio 2015 una legge sulla produzione di elettricità a partire dalle energie rinnovabili. Sulla base del dispositivo giuridico e della nota strategica si possono prendere in considerazione parecchie misure per mettere in opera una politica pubblica mirata alla promozione del settore delle energie rinnovabili. Innanzitutto le autorità potrebbero chiedere agli investitori europei impegnati nel campo delle rinnovabili di creare partenariati con le imprese locali. Tali alleanze permetterebbero un trasferimento di tecnologie dai giganti europei alle imprese locali. Queste ultime potrebbero anche fare proprie una parte delle entrate. Successivamente i poteri pubblici potrebbero esigere che le imprese europee acquistino una parte delle attrezzature (pannelli solari, rotori per le eoliche, cavi ecc.) dai fornitori locali. Una tale misura permetterebbe di creare posti di lavoro e di alleggerire la cronica e insostenibile crisi della disoccupazione.Il governo potrebbe anche pensare di sovvenzionare quelle imprese locali che decidessero di installarsi nelle regioni svantaggiate del paese.

L’Aleca, nei suoi termini attuali, non permette la messa in opera da parte del governo di queste misure. L’accordo stabilisce che :

nel settore delle energie rinnovabili le parti si astengono dall’adottare misure che:

prevedano degli obblighi di contenuto locale o altre restrizioni che riguardino i prodotti, i fornitori di servizi, gli investitori o investimenti dell’altra parte

Obblighino a formare partenariati con imprese locali, salvo se tali partenariati siano necessari per ragioni tecniche”

Nel suo rapporto del 2015 sull’investimento nel mondo, la Conferenza delle nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (CNUCED) chiede già che venga riformato il sistema degli accordi internazionali degli investimenti, in particolare gli ALECA. Nella sua analisi di 60 anni di regime degli investimenti, la CNUCED insiste sul fatto che tali accordi debbano proteggere il diritto di regolamentare nell’interesse pubblico. Soprattutto un ALECA non dovrà”limitare la sovranità interna degli Stati al punto di far pesare indebite restrizioni all’elaborazione delle politiche pubbliche”

L’articolo originale è apparso l’11 aprile 2016 sul sito di Nawaat http://nawaat.org/portail/2016/04/11/aleca-energie-points-de-discorde-avec-la-constitution-et-les-lois/

Traduzione dal francese a cura di Patrizia Mancini