Fathi Chamkhi: la Tunisia sprofonda nella crisi

Fathi 3Fathi Chamkhi, deputato del Front Populaire

Ci sono voluti sei anni, sette governi e un paese in rovina per far sputare finalmente il rospo agli assassini economici: la Tunisia è completamente sprofondata nella crisi. In mancanza di argomenti anche solo minimamente rassicuranti per tunisini annientati e depressi, Youssef Chahed (YC), il nuovo capo del governo, ha sfoggiato la sua giovane età e ha vantato la propria franchezza. Nello stile c’è tutto! Dal punto di vista del programma ha affermato di volere: sostenere investimenti ed esportazioni per pompare la crescita economica, tenere sotto controllo gli equilibri macro-economici e blablabla. La stessa solfa da trent’anni a questa parte! Ma ciò non gli ha impedito di affermare che “le scelte (fatte finora n.d.t.) hanno condotto al calo di tutti gli indicatori economici e sociali” (1) E questo la dice lunga sulla franchezza del nuovo inquilino della Kasbah. Membro del governo precedente (2), YC passa dunque alle confessioni. Insiste in particolare sullo stato delle finanze pubbliche: lo Stato si troverebbe quasi nell’impossibilità di provvedere ai pagamenti degli stipendi, una situazione peggiore che nel 1986 (3)

Un bilancio pesante, anzi pesantissimo. Il deficit di bilancio sarebbe del 7% invece del 3,9% previsto dalla legge finanziaria del 2016. Parliamo di 2,9 miliardi di dinari di deficit in più (pari a circa 1,8 miliardi di euro), in altre parole cinque settimane di casse vuote. I risultati registrati nel corso del primo semestre 2016 (4) lasciano intravedere mancate entrate per 739 milioni di dinari (pari a circa 300, 9 milioni di euro), rispetto ai risultati dello stesso periodo nel 2015, per quanto riguarda la raccolta delle imposte sugli utili aziendali, il cui ammontare ha raggiunto solo 910 milioni di dinari ( 370,1 milioni di euro) alla data del 30/06/16. Ovvero il 26,8% delle risorse previste per l’anno 2016, mentre nel 2015 la percentuale rappresentava il 52,8%!

Il debito pubblico è esploso. L’ammontare passa da 25,6 miliardi di dinari (10,4 miliardi di euro) del 2010 ai 56,6 del 2016 (quasi 23 miliardi di euro) e la percentuale rispetto al PIL dal 40,7% al 62,1%, mentre nella finanziaria era previsto un 53,4%.

Nel corso degli ultimi sei anni i governi che si sono succeduti hanno preso a prestito 3,4 miliardi di dinari ma ne hanno rimborsati 2,8,con un saldo netto negativo di 6 miliardi di dinari sul debito pubblico a lungo e medio termine.

Il che vorrebbe dire che il costo dei nuovi prestiti equivarrebbe alla incredibile somma di 2,5 miliardi di dinari, ovvero l’equivalente dell’ammontare del 2010.

Solo un audit del debito pubblico ci potrà dare informazioni sui conti del debito e potrà permettere di mettere fine all’attuale imbroglio.

Finora soltanto il ricorso intensivo all’indebitamento ha reso possibile il proseguio criminale delle stesse politiche economiche e sociali che avevano spinto il paese a ribellarsi e il cui unico successo consiste nell’aver mantenuto in piedi un sistema altamente tossico. Ma come tutte le cose che finiscono, questo palliativo è allo stremo. Una dopo l’altra tutte le porte a cui bussare per avere prestiti si fanno più lontane, o addirittura si chiudono.

Il Giappone ha fatto ricorso per due volte a politiche monetarie espansive. L’amministrazione americana ha fatto lo stesso, per tre volte negli ultimi sette/otto anni. La dittatura del debito si manifesta attualmente con la fortissima influenza delle istituzioni finanziarie sullo Stato tunisino. Y.Chahed evoca anche la crisi finanziaria delle casse sociali (nota). Solo nel 2016 il loro deficit sarebbe pari a 1,65 miliardi di dinari (1,667 milioni di euro ) e la CNAM (Casse Nationale d’Assurance Maladie, equivalente della nostra INPS n.d.t.) ha un deficit di 1,4 miliardi di dinari (566 milioni di euro).

Il sistema della previdenza sociale è al fallimento e riesce a andare avanti solo grazie ai sussidi dello Stato.

YC ha anche accennato alla situazione finanziaria delle imprese pubbliche, anch’essa per niente allegra. Attualmente fra le 10 maggiori imprese che operano in Tunisia, 9 sono pubbliche e realizzano il 10% del PIL. Pochissimi dati statistici vengono pubblicati a riguardo..

Le finanze delle collettività locali, in particolare delle municipalità, anch’esse sono in uno stato pietoso.. Non soltanto mancano terribilmente di mezzi, ma in più le loro finanze sono inquinate dalla mala gestione e dalla corruzione.

In breve, delle rivelazioni sconfortanti. Le finanze pubbliche in rosso, sullo Stato grava sempre più la minaccia dell’insolvenza. Un chiaro segnale: il governo ha ottenuto il rinvio di un rimborso di un credito dell’ordine di un miliardo di dollari al Qatar, la cui scadenza arriva a termine nel 2017.

YE è come un assassino che, dopo aver confessato il crimine, invece di pentirsi, pensa già a giustificare i suoi futuri misfatti.

1)‘Résumé du programme d’action du gouvernement d’unité nationale”, Tunis 26 août 2016. Pagina 3. Documento distribuito ai parlamentari durante la seduta per il voto di fiducia.

2)Sottosegretario nel primo governo Essid (Agricoltura e pesca) e ministro nel governo Essid 2 (Affari Locali)

3)Da Wikipedia “Nel 1986 la Tunisia conosce, per la prima volta dall’indipendenza una crescita negativa. Le agitazioni sociali aumentano in maniera drammatica …e il sindacato dell’UGTT organizza scioperi e manifestazioni contro l’aumento della disoccupazione e contro la politica salariale. (…) il governo si mette ufficialmente d’accordo con il Fondo Monetario Internazionale per l’attuazione di un PAS (Piano di aggiustamento strutturale) firmando un accordo per un programma di ripresa economica in 18 mesi

4) Cioé : bilancio dello Stato, imprese pubbliche, casse sociali e collettività locali

Traduzione dal francese a cura di Patrizia Mancini con l’amichevole collaborazione dell’economista Clara Capelli

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